Siamo abituati a prendere le distanze dalla rabbia perché, tra tutte le emozioni, le sue manifestazioni son quelle che ci incutono più paura sia quando la riconosciamo negli altri, sia quando la sentiamo nascere dentro di noi
Questo ci porta a vedere le persone che si arrabbiano come violente, cattive oppure malate e ci riesce difficile provare empatia per loro perché chi è arrabbiato aggredisce con tutti i mezzi che ha a disposizione.
Ma la rabbia non è tutta uguale, sarebbe infatti più giusto parlare di rabbie.
Esistono rabbie totalmente senza controllo che sfondano gli argini dei freni inibitori passando all’agito ed estremamente difficili da gestire perche si materializzano in vere e proprie aggressioni; generalmente sono segnale di una grande sofferenza mentale e si presentano in un quadro più generale di difficoltà ad adattarsi alla vita. Queste rabbie necessitano di uno specifico intervento di cura.
In questo articolo ci riferiamo alle rabbie di chi è riuscito a costruirsi una vita e a ritagliare un posto per sé nel mondo ma fatica a riconoscere un modo efficace per comunicare le sue emozioni e i suoi bisogni.
Il suo mondo interiore viene quindi espresso attraverso schemi che non funzionano ma, non conoscendone altri, continua ad usare quelli a sua disposizione perché, illusoriamente, gli consentono di salvaguardare sé stesso o la relazione asseconda di cosa gli sta più a cuore.
Chi è arrabbiato trasforma il silenzio in una punizione per l’interlocutore dal quale si aspetta una totale comprensione dei propri pensieri ed emozioni senza necessità di spiegarli. Lo lascia sospeso nel dubbio e lo accusa in maniera implicita di stare sbagliando qualcosa, aspettando la sua resa incondizionata.
“Parla se vuoi che io ti conosca”
Socrate
Tuttavia anche le parole, solitamente usate per accorciare le distanze tra le persone, possono rivelarsi strumenti pericolosi che allontanano e chiudono la comunicazione invece di favorirla.
Chi è arrabbiato urla ciò che ha dentro, lo esagera perché il suo intento è ferire l’altro, non far comprendere ciò che prova o pensa.
Chi è arrabbiato usa l’ironia non per ridere insieme all’altro ma per denigralo e sminuirlo in modo velato e potersi nascondere dietro un poco credibile “te la sei presa? Ma io scherzavo” senza lasciare possibilità di replica.
Chi è arrabbiato sembra condurre una conversazione normale che però ci fa sentire a disagio perché piena zeppa di non detti e sottintesi ai quali non è semplice controbattere.
Non è facile riuscire ad andare oltre il muro che si costruisce intorno chi è infuriato perchè siamo feriti dai suoi atteggiamenti, siamo doloranti per i colpi che ci ha tirato contro. Oppure siamo arrabbiati a nostra volta. E’ piuttosto frequente infatti che il fuoco altrui infiammi anche la nostra rabbia facendo esplodere per risonanza i conti che abbiamo ancora in sospeso con la vita.
Vivere in balia della rabbia, lasciando parlare solo i propri impulsi, complica le relazioni perché impedisce di entrare in “contatto” e fa entrare in modalità “conflitto”che, come è noto, non lascia alcuno spazio all’altro.
“Trattenere il risentimento è come ingoiare del veleno per topi e poi aspettare che il topo muoia”
Anne Lamott
Un’altra conseguenza del prendere la distanze dalla rabbia è quella di non riuscire a riconoscerla quando non viene espressa in modo evidente. Eppure la repressione è un atteggiamento diffuso tanto quanto la rabbia esplosiva ed è altrettanto dannoso.
E’ dannoso perché assieme alla rabbia lasciamo cadere nel vuoto un segnale di pericolo che il nostro mondo interiore ci invia: ci sta dicendo che qualcosa non va, che qualcuno o qualcosa sta maltrattando il nostro Io. Assieme alla rabbia lasciamo cadere nel vuoto la possibilità di poter reagire a questa violazione e consentire alla nostra Identità di realizzarsi.
Il tentativo di negare la nostra rabbia non riconoscendone il diritto a esistere oppure mortificandola ci procura sempre una grandissima mutilazione.
Alba Marcoli
Tutti i tentativi di negarla e di cancellarla sono destinati a fallire. Come è possibile tentare di sopprimere un’energia così potente e naturale che fa parte di ogni essere umano, senza subire delle conseguenze?
E’ risaputo che riuscire ad esprime le proprie emozioni aiuta a prevenire numerosi problemi di salute. Malattie cardio-circolatorie, ulcera, emicrania, depressione, ansia, sono alcuni dei disturbi che possono colpire chi non si arrabbia mai.
Trattenere la rabbia, il risentimento e le offese ti provoca solo muscoli tesi, un mal di testa e una mascella dolente causata dal digrignare dei denti. Il perdono ti restituisce la risata e la leggerezza nella tua vita
(Joan Lunden)
E anche le relazioni ne traggono vantaggio. E’ convinzione comune che esprimere ciò che si pensa possa ferire l’altro e allontanarlo definitivamente ma è sotto gli occhi di tutti che l’uso della rabbia nella quotidianità delle proprie relazioni non miete molte vittime nonostante le pessimistiche aspettative che portano ad attribuirle una potenza mortifera che solitamente non possiede
Dobbiamo riappropriarci della nostra collera.
(Luce Irigaray)
Perché è importante parlare della nostra rabbia?
Perché è una grande energia che abbiamo a disposizione per trovare il nostro posto nel mondo, realizzando la nostra individualità e costruendo relazioni felici.
Il primo passo da fare e riconoscerle il diritto di esistere, accogliendola come una parte importante di noi. E’ un compito difficile , perché significa andare incontro alla disapprovazione che ci arriva dalle norme familiari e sociali, significa affrontare senso di colpa e insicurezze, significa guardare la paura di restare da soli…
Ma se ci riusciamo abbiamo l’opportunità di ascoltare il messaggio che il nostro mondo interiore ci sta inviando, un segnale di aiuto che ha già in sé tutti gli elementi per trovare una soluzione.
Se ci riusciamo abbiamo l’opportunità di comprendere il nostri bisogni, di riconoscere il nostro valore, di affrontare le nostre paure e di lasciare spazio ai nostri desideri.
Infine, abbiamo l’opportunità di scegliere il modo che riteniamo più opportuno per esprimere ed affermare tutto ciò che abbiamo scoperto di noi, possiamo decidere se darne manifestazione, con quale intensità oppure se preferiamo non esternare il nostro sentire.
L’obiettivo finale non è eliminare la rabbia o stabilire se è legittima o meno ma è arrivare ad una conoscenza più approfondita delle sue origini per imparare ad agire in un modo nuovo al fine di raggiungere il nostro benessere personale e relazionale.
Ciò che dobbiamo sperare è di rendere la rabbia un fuoco che cucina anziché un fuoco che brucia.
(Clarissa Pinkola Estes)
Dott.ssa Federica Manucci
Studio
Via Muccini,18
Sarzana (SP)
info@federicamanucci.it
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